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04/02/2021 - Barche a vela e Formaggi

Riflessioni semiserie sull’approccio ai periodi di transizione



Queste righe nascono dalle mie riflessioni sul tema della transizione lavorativa nate durante la lettura di testi che ho trovato molto interessanti per riscontrare il sentiment delle persone che vivono il momento di fine di una posizione lavorativa e si trovano, con armi più o meno efficaci, ad affrontare la ricostruzione della propria identità fuori da un contesto di comfort che hanno dovuto lasciare.

Spencer Johnson, autore del divertente e ironico saggio “Chi ha spostato il mio formaggio?” dice che quando riusciamo ad arrivarci (al Lavoro, nel saggio di Spencer il Formaggio è la metafora del Lavoro), ne diventiamo dipendenti e quando lo perdiamo o ci viene sottratto ne rimaniamo sconvolti. “Non è giusto, la colpa è di qualcun altro e quindi dovremmo ottenere qualcosa in cambio, un indennizzo!”

Il momento in cui si è chiamati a trattare l’uscita dall’azienda è uno dei più deboli e rischiosi. “Finora abbiamo pensato che ci fosse solo un modo di guadagnare soldi e di lavorare, cioè il nostro. Non è così” dice Simone Perotti nel suo saggio “Adesso Basta! Lasciare il lavoro e cambiare vita”. Per l’autore “la libertà ha due facce. C’è quella da e quella di. L’una è propedeutica all’altra visto che se non sono libero da un vincolo non posso essere libero di fare alcunché”, ma raramente si riesce ad avere il tempo per fare questo tipo di valutazioni. Una volta usciti dall’Azienda, si affronta il problema della perdita dell’identità sociale, tanto più sentito per le professioni di alto profilo in cui lo status, il riconoscimento degli altri e l’autostima sono stati sempre elementi portanti dei propri comportamenti.

Ma poiché si affronta anche il problema del “giorno dopo” e della sussistenza economica propria e della famiglia, non essersi “attrezzati” prima comporta la necessità di recuperare – dopo – anche questa parte.


E poi c’è la domanda: “Cosa farò domani?”


“Se pensate che non sapete fare altro che il vostro lavoro, state sottovalutando la vostra vita e tutto ciò che può offrirvi” insiste Simone Perotti “Attenzione, perché questo è uno dei limiti che troveremo lungo la strada: credere che non potete farcela, pensare che sia troppo per voi”. Poi, citando Marguerite Yourcenar, riporta una frase molto bella del suo Zenone ne “L’Opera al Nero”: “L’avvenire è gravido di molte più occasioni di quante non se ne realizzino. E non è affatto impossibile di sentirne qualcuna muoversi in fondo alla matrice del tempo. Ma l’avvenimento solo decide quale di queste larve è vitale e si tradurrà in realtà”. E l’avvenimento siamo noi.

Perotti è un cultore del downshifting, che può essere comunque una scelta di ricostruzione di identità sociale. Una scelta difficile e coraggiosa: “Spesso il downshifting avviene grazie a una spinta. Chi è intenzionato a fare il salto, a cambiare, ha pensato, operato, predisposto ……tuttavia indugia: Farò bene? A coloro che sono quasi pronti a lasciare, potrà capitare di essere trattati poco bene dalle Aziende. Magari una valutazione di fine anno mal fatta, o la qualità del proprio lavoro non riconosciuta, o qualche magheggio di cordate contrapposte. Beh, signori, visto che il destino fa la sua mossa ……assecondatelo!......Se l’azienda vi strapazza ….i denari che vi offrono saranno il primo segno fortunato delle vostre decisioni”.


Il downshifting è solo una delle possibili reinterpretazioni della propria identità sociale, perché non tutti lo considerano un’alternativa “alla pari”.

Perotti, cercando solo “in sé” la soluzione alla prosecuzione dell’esistenza (essendo tra l’altro in questo aiutato dal fatto di non avere responsabilità di tipo familiare), non fa mai riferimento all’outplacement come strumento di supporto in quanto se lo “auto produce” decidendo di consumare di meno e di fare solo lavori che gli piacciono.

L’obiezione è che l’outplacement non è un servizio di ricollocazione professionale tout court ma serve anche a uscire dallo stato di colpevolizzazione e di convinzione di non esser più capaci di fare altro. Quindi, una relazione di aiuto per uscire da un forte problema emozionale per poi affrontare la ricostruzione anche economica.

Ma ancora Perotti ci dà una lettura diversa dell’outplacement: “Occorre fondare un’agenzia che aiuti le persone a scollocarsi, cioè a uscire dalla collocazione che hanno, sia sul lavoro sia nella società”.

Eppure è una lettura non molto distante dall’ obiettivo dello stesso outplacement , visto che lui asserisce che dovrebbe essere “quello di aiutarle (le persone) a uscire dal seminato , a modificare il loro punto geodetico (troppo fisso e immutabile) a diventare incollocabili, inidentificabili, il più possibile libere dal Sistema (un sistema che le persone, scollocandosi, potrebbero contribuire a rendere diverso: comincerebbero con l’indebolirlo, per poi riformularlo). Infatti uno dei compiti dell’orientatore è proprio quello di suggerire alla persona una “divergenza”, un prendere in considerazione di tutto e di più, per poi selezionare le proprie scelte e riportarle a sé con un processo di “convergenza”. Questa Agenzia di “scollocamento” potrebbe essere come una “ Paideia ateniese, in grado – forse – di contribuire alla liberazione del maggior numero di individui possibile” e alla fine per Perotti anche questo dovrebbe poi strutturarsi come un progetto. Anche per lui, l’”iconoclasta” dell’outplacement, è infine necessario – ma non vuole, sta bene tra vele viaggi e libri – un progetto. Un progetto professionale, un progetto di vita.

Però la verità è che le cose e le situazioni cambiano, e che chi non cambia rischia di scomparire “Se segui le tue vecchie convinzioni, non arriverai mai al nuovo Formaggio; se immagini di gustare il nuovo Formaggio già prima di trovarlo, scoprirai la via per conquistarlo” (Spencer Johnson). E quindi bisogna porsi nell’ottica che quella che sembra la fine, può essere un nuovo inizio.

Inoltre è da sottolineare come la pensabilità positiva non sia solo vedersi nella nuova, nella stessa o in una diversa posizione lavorativa, ma è anche riuscire a immaginarne i dettagli, le modalità di costruzione, per poi poterla praticare (se immagini il tuo Formaggio nuovo, ci arriverai più facilmente!!).

Diversamente, nel seguito di “Adesso Basta” Simone Perotti lancia un’alternativa controcorrente: “Una delle cose che sappiamo fare di meno è perdere tempo. Perdere tempo è una delle cose più belle del mondo, soprattutto per chi non l’ha mai perduto” (da “Avanti Tutta”). La sua digressione parte dal concetto che quando si hanno a disposizione 24/24h, si resta spiazzati, si aprono dilatazioni di pensiero e vertigini che generano troppe domande, molte senza risposte. Al tempo libero, dice Perotti, ci si deve abituare obbligandosi a fare delle pause di inattività sempre più lunghe e a considerare il tempo relativo, quello apparente che risulta dall’incontro fra il tempo reale, dell’orologio, e la velocità con cui facciamo le cose. Il beneficio che se ne trova è che il tempo a disposizione ci aiuta a capire quali sono le cose che veramente ci piacciono e per le quali vale la pena di impegnarsi (i nostri valori) e, una volta iniziate, quelle cose faranno scorrere il tempo a una velocità incredibile.

E’ un po’ la cartina tornasole del concetto, valido nella formazione orientativa, che le cose che piacciono si apprendono più in fretta.

I testi citati permettono in modo divertente ma attento di assumere un punto di vista diverso sulle transizioni lavorative, tanto dolorose quanto spesso foriere di nuove opportunità e aiutano a trovare una nuova motivazione alla ricerca del lavoro come mezzo di espressione e sviluppo personale.

Appaiono quindi un utile strumento di riflessione personale, ma anche uno strumento utile per i professionisti di orientamento come supporto alle attività verso individui o piccoli gruppi.

Per concludere, apprendere nuove cose ci pone anche nella condizione di sviluppare competenze “abilitanti”, competenze che forse oggi non ci servono per il lavoro che facciamo ancora, ma che potrebbero servirci in futuro perché il Formaggio, come ormai tutti sapete…. Si sposta!!!!


Testi Citati:

  • Spencer Johnson, "Chi ha spostato il mio formaggio?", Sperling & Kupfer, 2010

  • Simone Perotti, "Adesso Basta", Chiarelettere, 2009

  • Simone Perotti, "Avanti Tutta", ChiareLettere, 2011

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