Alla ricerca di un modello di occupabilità: confronto tra i diversi approcci sul tema
Nell’ambito degli studi sull'attuale mercato del lavoro così come nelle iniziative per le politiche attive, sta diventando sempre più dominante il tema dell’occupabilità (detta anche “employability” o impiegabilità).
Uno degli obiettivi principali della programmazione del Fondo Sociale Europeo per il periodo 2000-2006 era infatti quello di “contribuire ad accrescere l’occupabilità della popolazione in età attiva e la qualificazione delle risorse umane”. Le successive programmazioni (2007-2013 e 2014-2020) rafforzano l’importanza di sviluppare l’occupabilità, incentivando azioni di orientamento che facilitino il passaggio dalla disoccupazione, dall'inattività o dagli studi al mondo del lavoro.
L’occupabilità sta diventando quindi un concetto più rilevante rispetto a quello dell’occupazione. Se infatti quest’ultima fa riferimento ad una condizione tendenzialmente stabile e duratura, determinata prevalentemente da variabili economiche, politiche e sociali di un dato momento storico e di un dato contesto, la prima invece è riferita ad una caratteristica intrinseca della persona, che ne favorisce l’impiego (o il reimpiego) in modo fluido e (relativamente) rapido.
Questo perché la complessità e l’instabilità del mondo del lavoro, a sua volta connesso alla rapidità dei cambiamenti all’interno delle aziende / organizzazioni ed all’alto tasso di innovazione tecnologica, richiede al lavoratore di cambiare frequentemente sia il contesto lavorativo che il proprio ruolo. Toderi e Sarchielli (2013) nel loro libro “Sviluppare la Carriera Lavorativa”, sostengono che le carriere saranno sempre più autodefinite, fondate su “molte esperienze lavorative attuate in più organizzazioni”, che implicano “forme diverse di mobilità occupazionale e di bilanciamento tra lavoro e non lavoro”.
Definizione di occupabilità:
Secondo il sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali,
l’occupabilità rappresenta "la capacità delle persone di essere occupate, e quindi di cercare attivamente un impiego, di trovarlo e di mantenerlo".
Per diverso tempo l’occupabilità è stata definita come la capacità di trovare lavoro e dedotta sulla base della condizione lavorativa attuale della persona. Tautologicamente si sosteneva che coloro che si trovavano all'interno del mondo del lavoro fossero più “occupabili” rispetto agli inoccupati. Ma questa ipotesi viene facilmente confutata pensando a quei lavoratori che operano all’interno di settori ormai in declino che, una volta fallita l’azienda, possono trovare difficoltà a ricollocarsi, a differenza di disoccupati che stanno allenando di propria iniziativa delle capacità altamente spendibili che, una volta consolidate, possono favorire un rapido ingresso nel mondo del lavoro.
Negli anni 80-90, il termine occupabilità veniva utilizzato per rappresentare la flessibilità funzionale dei dipendenti all’interno delle imprese, ossia di cambiare ruolo o mansione per affrontare le mutevoli richieste del mercato.
Oggi la letteratura tende a definirla in maniera più completa e complessa, come la capacità di:
ottenere un lavoro iniziale
mantenere il lavoro
essere in grado di cambiare ruolo all’interno della stessa organizzazione
ottenere un nuovo lavoro se questo si rileva necessario o proficuo.
Secondo l’ISFOL, l’“occupabilità” consiste nella capacità dell’individuo di “porsi/riproporsi nel mercato del lavoro con un personale progetto professionale aderente al contesto”. Diventa qui fondamentale la progettualità della persona, ossia la possibilità di scegliere i propri obiettivi di vita e di lavoro, prendendosi la responsabilità del proprio futuro e costruendo un ponte tra le proprie caratteristiche ed esigenze e quelle del contesto in cui opera.
Questa visione è in linea con il costrutto di Employability definito da Fugate, Kinickyi e Anshfort nel loro articolo del 2004, secondo cui questa “È una forma di adattabilità lavorativa specifica che permette al lavoratore di identificare e realizzare opportunità di carriera”.
Fattori determinanti
Le principali teorie sull’occupabilità sostengono come questa sia frutto sia di variabili “oggettive” (contesto socio-economico, area geografica, ecc.) che soggettive (caratteristiche psico-sociali e competenze professionali), con un’enfasi soprattutto su queste ultime.
Secondo L. Evangelista (link), l’impiegabilità nasce da un insieme di fattori quali:
la richiesta del mercato
le caratteristiche personali
le preferenze individuali in termini di disponibilità e flessibilità lavorativa
le capacità trasversali / trasferibili
i livelli di preparazione pratica e teorica
Evangelista sostiene come tutte queste variabili siano sostanzialmente date, ossia non modificabili, ad eccezione dell’ultimo punto che quindi diventa il fattore centrale da valutare e sviluppare, ossia la preparazione ed esperienza formativa e lavorativa.
Invece, secondo la teoria disposizionale di Fugate, Kinickyi e Anshfort (2004), l’occupabilità "è un costrutto di natura psicosociale (e quindi soggettivo) che contiene al suo interno tre dimensioni principali: l’identità di carriera, l’adattabilità personale e il capitale umano e sociale a disposizione".
1) L'identità di carriera rappresenta una sorta di “bussola cognitiva” usata per orientarsi e navigare all'interno delle opportunità professionali. È connessa alla motivazione al lavoro, al significato e al valore che il lavoro riveste per la persona, e in particolare alla direzionalità che essa intende dare al proprio percorso.
2) l’adattabilità è la dimensione centrale dell’employability in quanto rappresenta la capacità della persona di rispondere in modo flessibile alle mutate condizioni esterne. L’individuo adattabile è più ottimista e auto efficace, tollerante l'ambiguità e l'incertezza del lavoro, gestisce in modo costruttivo il cambiamento, è proattivo nella ricerca di nuove soluzioni e propenso all’apprendimento.
3) Il capitale sociale si riferisce alla possibilità di attingere a reti sociali che favoriscono le possibilità di occupazione sia incrementando la quantità di informazioni relative alle opportunità di carriera che sostenendo umanamente la persona in fasi stressogeni come quella di disoccupazione o di transizione lavorativa. Insieme al capitale sociale, quello umano ha un ruolo importante nella descrizione del costrutto psisco-sociale dell'employability riferendosi ad un insieme di variabili quali: l'età e il livello di scolarizzazione, le esperienze di lavoro e formative, le performance ottenute, le abilità cognitive ed emotive.
L’ISFOL riprende e arricchisce questa visione, sostenendo che l’impiegabilità emerga da “l’intreccio tra il capitale umano, sociale e psicologico della persona, mediato dalle variabili situazionali”. Secondo tale approccio, il capitale umano è formato da conoscenze professionali e competenze trasversali insieme al livello di istruzione o qualifica. Il capitale sociale è rappresentato invece dalla capacità di mantenere legami formali ed informali con persone che appartengono alla medesima sfera professionale. Il capitale psicologico, invece, è composto da personalità, consapevolezza di sé, capacità di adattamento e di coping, livello di autoefficacia percepita e proattività.
Conclusione
In un contesto sempre meno definito e sempre più imprevedibile, l’occupabilità ha a che fare con l’abilità di adattarsi al cambiamento ed anche di anticiparlo, attivandosi per ampliare e aggiornare le proprie competenze e per costruire, giorno dopo giorno, scelta dopo scelta, esperienza dopo esperienza, il proprio progetto professionale. Per aiutare giovani e adulti ad affrontare questa complessa sfida, risulta necessario attuare un modello orientativo che, oltre ad informare sulle possibili strade formative e lavorative, miri a sostenere la persona fornendo una maggiore consapevolezza delle proprie attitudini, aspirazioni e possibilità e stimolando un investimento “life-long” sul proprio capitale umano e sociale.
Sitografia
Isfol.it
Orientamento.it
http://www.psicologiadellavoro.org/?q=lapproccio-disposizionale-dellemployability
http://www.ordinepsicologilazio.it/ordine-psicologi-lazio/gruppo-di-lavoro/psicologia-del-lavoro/lavoro-occupabilita/
S.Toderi, G.Sarchielli, (2013), “Sviluppare la Carriera Lavorativa” – Il mulino
Fugate, A.J. Kinicki, B.E. Ashforth (2004), “Employability: A psycho-social construct, its dimensions, and applications”, Journal of Vocational Behavior 65, pp. 14–38