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28/07/2021 - Cooperative learning e orientamento: contaminazioni fertili dal mondo dell’educazione

Di Claudia Matini - Psicologa psicoterapeuta - Esperta in orientamento professionale - Formatrice - Teacher coach



Come psicologa dell’educazione, formatrice e career coach, ho nel tempo compreso l’importanza della flessibilità personale, in rapporto agli obiettivi da raggiungere come professionista, e l’utilità delle contaminazioni tra campi professionali per arricchire l’efficacia dei miei interventi.


Ogni professione ha le sue specificità, anche metodologiche. Tuttavia, l’esperienza sul campo mi dimostra continuamente come innovare le proprie pratiche costituisca una direzione indispensabile per garantire ai propri clienti la massima efficacia operativa.


In questo articolo approfondirò il modo in cui il cooperative learning, l’apprendimento cooperativo, costituisca una risorsa molto interessante e potenzialmente fruttuosa per la pratica orientativa svolta nei contesti gruppali.


Cosa è il cooperative learning


Il cooperative learning si sviluppa a partire dagli anni ’60 negli Stati Uniti e, in parallelo, in Europa e Israele: è una metodologia didattica che utilizza il piccolo gruppo per lavorare su obiettivi di apprendimento. Nasce per il mondo scolastico e si sviluppa con grande ricchezza di metodi e tecniche che condividono alcuni principi fondamentali che favoriscono l’efficacia del gruppo stesso per il conseguimento di obiettivi disciplinari. Tra le sue origini dalla psicologia sociale di Lewin e di Deutsch, dalla psicologia di Piaget, Vygotskij e Thelen (Comoglio e Cardoso, 1996).


Gli autori più significativi che hanno fatto la storia di questo approccio educativo sono:


· David e Roger Johnson che hanno ideato il metodo “Learning together” e la “Controversia costruttiva” (http://www.co-operation.org/)

· Spencer Kagan e il suo approccio strutturale (https://www.kaganonline.com/)

· Yael e Shlomo Sharan e la tecnica del Group Investigation (https://www.scintille.it/il-cooperative-learning-e-lo-specifico-della-group-investigation/).


Il cooperative learning si configura come una grande varietà di tecniche di lavoro di gruppo (oltre 200) sostenuta da una mole di ricerca educativa che ne attesta in modo inequivocabile l’efficacia.


È un approccio educativo ancora molto vitale nonostante l’età avanzata. Sembra che abbia superato il rischio di essere una moda passeggera e si configuri come una valida strategia didattica per migliorare le prestazioni accademiche, le relazioni sociali in classe, la motivazione e l’autostima.


Ha chiaramente i suoi limiti e le sue controindicazioni, ma sono poche, ed esula dagli obiettivi di questo articolo parlarne.


In cosa consiste concretamente? Usare l’apprendimento cooperativo vuol dire dedicare attenzione e tempo alla progettazione del contesto di apprendimento che orienterà i comportamenti individuali e di gruppi nella direzione desiderata.


Alcuni principi di fondo vanno attentamente rispettati mediante decisioni molto concrete:


· Interdipendenza sociale positiva, cioè il legame di dipendenza reciproca che si sviluppa tra i membri del gruppo in modo che si sentano vincolati alla collaborazione: può essere stimolato dal dare un obiettivo comune, dall’attribuire ruoli e compiti, dal dare risorse limitate per svolgere l’attività.


· Responsabilità individuale, cioè il sentire che il proprio contributo è necessario per il successo del gruppo, anche grazie alla divisione dei compiti per svolgere l’attività.


· Interazione simultanea, cioè il grado di coinvolgimento di tutti nel lavoro da svolgere, attraverso la divisione del gruppo intero in sottogruppi i cui partecipanti sono da 2 a 4.


· Interazione promozionale, cioè la qualità della partecipazione che sostiene positivamente la crescita di ciascuno sostenuta da precise attività preparatorie sulle abilità sociali, ma anche dall’organizzazione fisica del contesto che premia la vicinanza (naturalmente limitata in tempi di Covid).


· Equa partecipazione, cioè il diritto di ciascuno di partecipare e contribuire in base ai propri mezzi, garantita dall’organizzazione stessa del lavoro nei gruppi che stimola turni e ruoli di lavoro.


· Revisione finale, cioè la riflessione metacognitiva che favorisce la consapevolezza di sé, dei propri processi di apprendimento e delle relazioni nel proprio gruppo.


Per un approfondimento ulteriore suggerisco di leggere il mio post “Cosa è il Cooperative Learning e come funziona in pratica


Cooperative learning per la pratica orientativa: un piccolo esempio personale


Ho lavorato a dicembre 2019 nell’ambito di alcuni corsi di formazione professionale che prevedevano alcune ore di orientamento finale per l’accompagnamento al lavoro.


Ho deciso di focalizzare il lavoro del gruppo, circa 15 giovani di età compresa tra 22 e 30 anni, su uno specifico tema “Identità professionale e soddisfazione personale”: 4 ore dedicate a riflettere attraverso diversi stimoli sul lavoro dei sogni e sulle proprie competenze, attuali e potenziali, al fine di sviluppare un piano d’azione rispettoso di sé ma attento al contesto in cui inserirsi.


Abbiamo lavorato con attività individuali e di piccolo gruppo. Naturalmente, i gruppi sono stati cooperativi, perché ho usato la tecnica cooperativa dell’ Intervista di gruppo.


Come ha funzionato? Ho diviso la classe in gruppi di 4. Ho dato le consegne e la prima fase del lavoro è consistita in un’attività individuale in cui ciascuno ha dovuto riflettere su di sé per prepararsi a rispondere alle domande che avevo preparato.


Successivamente nel gruppo, ciascuno ha avuto del tempo per esprimere il suo pensiero, anche su sollecitazione delle domande dei componenti del suo gruppo.


Questa tecnica consente di garantire a tutti i partecipanti la possibilità di esprimersi e confrontarsi con i colleghi che condividevano lo stesso sogno (svolgere la professione del corso), tutti avevano un tempo predefinito per parlare (equa partecipazione), avevano un ruolo (speaker o intervistatore) così da sollecitare la responsabilità di fare la propria parte e di contribuire con idee e contenuti (responsabilità individuale).


Il compito era focalizzato sull’analisi del profilo professionale che hanno fatto prima individualmente e ragionando nel gruppo di 4; questo ha consentito un approfondimento personale indispensabile per la crescita personale, ma anche un utile confronto di idee che è servito ad evidenziare linee di sviluppo comuni.


Cooperative learning e orientamento


Dove sta quindi l’interazione proficua tra questa pratica didattica e l’orientamento?


Qualsiasi professionista che si occupa dei processi individuali e di gruppo per l’acquisizione di competenze cognitive, sociali, emotive non può esimersi dall’avere nel proprio bagaglio professionale un insieme di strategie di intervento la cui efficacia dovrebbe essere corroborata da evidenze di ricerca.


Occuparsi di orientamento vuol dire tra l’altro sostenere “il cliente nel reperire adeguatamente le informazioni che gli occorrono per soddisfare il bisogno di realizzare il proprio obiettivo professionale nonché nel favorire la ricerca e la realizzazione del suo piano d'azione”.


Vuol dire stimolare le capacità individuali attraverso strumenti che promuovono l’apprendimento da parte del cliente di informazioni, abilità, atteggiamenti più adeguati ad affrontare le sfide della ricerca del lavoro, del cambiamento di carriera, della gestione dei periodi di disoccupazione.


Questo passa dall’attenzione duplice, prima sulla qualità dell’esperienza di apprendimento e poi sulla pratica delle abilità relazionali.


a) Sostenere i processi di apprendimento nell’orientamento formativo e nella didattica orientativa


Il focus deve essere sulla qualità dei processi di apprendimento e in questo senso il cooperative learning costituisce una risorsa preziosa per costruire percorsi di gruppo per l’orientamento professionale.


Utilizzare tecniche cooperative per le esercitazioni di gruppo vuol dire attingere al potere del coinvolgimento attivo per favorire un apprendimento significativo, cioè collegato alle esperienze personali, duraturo nel tempo e legato ad emozioni positive.


Come orientatori usiamo già tecniche coinvolgenti come il role play e le simulate per favorire, ad esempio, un’esperienza diretta di colloqui di lavoro in contesto protetto. Questo costituisce il momento della pratica, di solito dopo le nostre spiegazioni teoriche…


Solitamente in queste situazioni di gruppo solo poche persone si attivano, molte rimangono silenziose, sullo sfondo delle interazioni del gruppo, limitando così fortemente il loro potenziale apprendimento.


Come potremmo trasformare l’esperienza aumentando il grado di coinvolgimento per tutto il gruppo?


Ad esempio, potremmo costruire un percorso di studio di gruppo su materiali cartacei e video in cui i piccoli gruppi devono costruirsi autonomamente le conoscenze utili per svolgere un buon colloquio, con l’obiettivo di redigere un vademecum che sia utile a chi, dopo di loro, avrà lo stesso obiettivo.


L’esperienza potrebbe nascere dalle loro domande iniziali, dai loro dubbi così da creare gruppi basati sull’interesse per trovare le risposte alle loro domande.


Dovremmo mettere a disposizione dei gruppi materiali e strumenti per potere lavorare in autonomia, seppure sotto il nostro attento controllo. Dovremmo dare loro indicazioni operative su come procedere e sui tempi disponibili. Dovremmo informarli dei criteri per valutare la qualità del prodotto che ogni gruppo svilupperà.


Dovremmo poi avere fiducia nelle capacità dei gruppi e nella tecnica cooperativa scelta, lasciando liberi i gruppi di lavorare.


Dall’analisi dei prodotti sviluppati attorno ad aree strategiche dei contenuti potremmo poi proseguire con riflessioni di gruppo, individuali e con role play e simulate, a quel punto solidamente fondate su conoscenze già elaborate individualmente e non solo trasmesse da noi.


b) Sostenere lo sviluppo delle soft skills


Altro grande valore potenziale delle tecniche cooperative per l’orientamento passa dalla focalizzazione sulle abilità relazionali che nel lavoro di gruppo cooperativo sono essenziali per il successo del lavoro. Senza la capacità di comunicare efficacemente, di svolgere ruoli di compiti e di relazione (leadership), di gestire momenti di conflitto, di risolvere problemi e prendere decisioni (Matini, 2019), un gruppo correrà il rischio di bloccarsi di fronte ai naturali ostacoli del lavoro assieme.


La consapevolezza delle soft skills e il loro sviluppo sono un’area importante per l’orientamento formativo. Naturalmente esistono molti approcci pedagogici per il training sulle competenze trasversali e non è indispensabile usare le metodiche cooperative.


Mi limito a considerare come alcuni approcci di cooperative learning abbiano sviluppato programmi per lo sviluppo e la pratica delle abilità relazionali utili per il teamwork e tecniche cooperative per la pratica di abilità come il parlare a turno, l’ascoltare in modo attivo, il parafrasare, ma anche imparare a mediare e a negoziare in caso di conflitto e a prendere decisioni di gruppo (Kagan, 2000).


Nella mia personale esperienza, credo che l’innegabile vantaggio delle tecniche cooperative stia nel consentire al trainer, all’orientatore, di muoversi verso obiettivi di carattere sociale, cioè legati alle soft skills, MENTRE consente a tutti di apprendere nuove informazioni, quindi lavorare verso scopi disciplinari: puoi cioè proporre una attività di studio sui diversi modelli di curriculum vitae e contestualmente fare un’esperienza di teamwork su cui potrai successivamente fare riflettere in termini di abilità sociali.


Tu cosa ne pensi?


Riferimenti


Comoglio M. e Cardoso M.A., Insegnare e apprendere in gruppo. Il Cooperative Learning. LAS Roma 1996

Kagan S. Apprendimento cooperativo. L’approccio strutturale. Edizioni Lavoro Roma 2000

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